lundi 26 juin 2017

Il Sacrificio di Cristo in Eb 10, 1-10



INTRODUZIONE

Il sacrificio di Cristo come possiamo intenderlo, è senz’altro un segno fondamentale e
significativo nella missione redentrice di Gesù. Anzi, esso segna  una importantissima via che ci ha portato alla salvezza. Non c’è salvezza fuori del suo sacrificio, Lui, Gesù, che si è offerto per elliminare i nostri peccati, una volta per sempre.  Il riscato dai peccati ci viene direttamente dal Figlio che si è volontariamente consegnato per la nostra salvezza. Gesù si è consegnato anche per realizzare l’opera del Padre. Egli obbedisse al Padre che lo ha mandato per amore dell’umanità. Questa umanità si è effettivamente allontanato da Dio con il peccato.
Nel brano della Lettera agli Ebrei 10, 1-10 che analizziamo in questo scritto, Gesù ci spiega chiaramente il fine della sua vocazione. Tutto è veramente chiaro con quelle  parole che l’autore sacro considera come parole di Gesù. Prima di tutto, e come lo vedremo, la nostra redenzione è l’opera del Padre mediante il Figlio. La potenza di Dio supera ogni cosa. Anche i sacrifici che vengono offerti per i peccati, Dio non li gradisce più perché non sono effecaci per cancellare, per sempre, i peccati del popolo; non soltanto del popolo ma anche i peccati del sacerdote stesso che entra ogni giorno nella tenda per offrire sacrifici, pure per se stesso. Il loro sacrificio è rimasto un simplice ritualismo. Non servono più a nulla se non che nel culto affinché il popolo possa ricordarsi dei propri peccati. Il sangue di tori e di capri non gode più a Dio. Di conseguenza, il popolo rimane nel peccato.
Vedendo ciò, Dio, nella sua misericordia, mandò il proprio Figlio per riscatare il suo popolo dalle colpe. Il Figlio, a sua volta si abbassò, si umiliò, obbedisse al Padre, venne nel mondo a cercare l’uomo perduto. Egli consegnò se stesso con il proprio sangue; sangue che sostituisce quello degli agnelli. Cristo divenne così l’agnello immolato, l’agnello senza macchia, capace e  efficace per elliminare i peccati una volta per sempre. La sua donazione rapresenta questa offerta, l’unica offerta che gode al Padre. E così viene salvato il popolo intero.
È proprio questa idea che cerchiamo di capire in questo lavoro. La nostra indigine si occuperà prima di tutto di presentare il brano completo per il fatto che esso è la fonte principale della nostra ricerca sul tema del sacrificio di Cristo. Lo scopo è di raggiungere il senso letterario, teologico, cristologico e messianico di questo brano in modo che si capisca il significato sublime che vi è nascoto.
 Dobbiamo dire inanzitutto che è un passo della Lettera agli Ebrei sapendo che questa lettera  è un’esortazione. A questo punto di vista, Mario Masini dice che: “Lo scritto “agli Ebrei” si qualifica esso stesso come “parole (o doscorso) di esortazione (13, 22)[1]. Qui, si chiede subito, esortazione a chi e su che cosa? La risposta è molto semplice con Mario Masini: “Le considerazioni fatte all’inizio ci hanno mostrato già che gli “ebrei” destinatari di questo scritto sono cristiani provenienti dal giudaismo e di cultura ellenistica”[2].  E con più chiarezza sui destinatari, lo stesso Mario Masini descrive con molta spiegazione e precisione, la loro situazione dottrinale e spirituale e scrive:
 “ Nel tempo in cui riceve questo scritto tale gruppo cristiano è sotto la minaccia, o la realtà, di una persecuzione (cf. 12,3) e / o dell’agressione da parte di dottrine diverse e peregrine (cf. 13, 9ss), forse gnostiche,  e di pratiche di sapore giudaizzante (cf. 13, 10ss). Sotto l’urto di tali assalti l’”illuminazione” ha perso chiarezza (cf. 5, 11) e lo “zelo” ardore ( 6, 11-12), si è ingenerato un certo “desimpegno” (10, 25), è venuta meno la “franchezza” e la “speranza” (10, 22-23), e alcuni cristiani sono addirittura tentati di apostatare (3, 12)[3].
 Quindi ci vuole un’esortazione per incoraggiare tutti i seguaci di Cristo a perseverare nella fede e ad evitare ogni sorta di dottrina diversa da quella di Cristo. Il nostro brano si situa dunque in questo contesto. Tutti i destinatari sono chiamati a sapere che l’unico sacrificio efficace per elliminare i peccati una volta per sempre è stato appunto quello di Cristo, non più i sacrifici prescritti nella legge perché Dio non li gradisce più a causa della loro funzione inefficace.
Detto ciò, ci pare opportuno presentare questo brano in modo che sia chiara la sua struttura con la spiegazione di alcuni dei sui termini principali. Questa struttura ci permetterà di avere in mente il senso dei singoli concetti. E come lo abbiamo già detto, il punto di partenza di questo scritto si trova nella Lettera agli Eb 10, 1-10, quando l’autore di quella stessa lettera scrive:
« La legge infatti, poiché possiede soltanto un’ombra dei beni futuri e non la realtà stessa delle cose, non ha mai il potere di condurre alla perfezione per mezzo di sacrifici-sempre uguali, che si continuano a offrire di anno in anno-coloro che si accostano a Dio. altrimenti, non si sarebbe forse cessato di offrirli, dal momento che gli offerenti, purificati una volta per tutte, non avrebbero più alcuna coscienza dei peccati? Invece in quei sacrifici si rinnova di anno in anno il ricordo dei peccati. È impossibile infatti che il sangue di tori e di capri elimini i peccati. Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice: Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: Ecco, io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la tua volontà. Dopo aver detto: Tu non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato, cose che vengono offerte secondo la Legge, soggiunge: Ecco, io vengo a fare la tua volontà. Così egli abolisce il primo sacrificio per costituire quello nuovo. Mediante quella volontà siamo stati santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, una volta per sempre »[4].
I sacrifici prescritti nella legge, infatti, non godevano più al Padre visto che non erano effficaci per il fatto che non producevano effetti necessari per la salvezza degli uomini. Allora Gesù consegnò se stesso per fare la volontà del Padre che lo ha mandato. È proprio questo che osserva Claudio Bottini quando sottolinea che :
 “Ai sacrifici della legge, l’autore oppone in 10, 5-10 il sacrificio di Cristo che li ha aboliti. Non solo, ma presenta come scopo specifico della sua venuta nel mondo l’abrogazione di tutti i sacrifici della legge non graditi a Dio; li ha sostituiti con il sacrificio di se stesso per compiere la volontà salvifica di Dio. Per esprimere questa verità egli usa come mezzo espressivo efficace ed adeguato le parole del Sal 40 (39), 7-9 e le considera come parole di Cristo stesso, in quanto ciò che dicono preanunciano misteriosamente il mistero della volontà di Dio che in lui si è compiuto ( cf. Vanhye, Sacerdoti antichi, 169)”[5].
La problematica centrale è appunto il sacrificio di Cristo che sostituisce i sacrifici antichi che venivano offerto ogni anno, però senza elliminare i peccati per sempre. Anche qui si può chiedere che cosa si intende per la volontà del Padre. La volontà del Padre è, come dice il testo, di salvare il popolo dai peccati. Perciò si deve offrire il sacrificio che gode a Dio. Quale? Il sacrificio di Cristo e non sacrifici imperfetti. Seguiremo dunque questa perspettiva per scrutare il senso nascoto in essa. Prima di questo, vediamo la struttura del brano.
Questo brano contiene tre parti principali. Nella prima parte, cioè Eb 10, 1-4, troviamo l’inefficacia dei sacrifici prescritti nella legge. “Quindi i sacrifici non possono rendere perfetti coloro che si accostano a Dio nel culto perché la legge che li stabilisce non possiede i beni della salvezza cioè non ha la possibilità di salvare”[6].
Nella seconda parte, invece, cioè in Eb 10, 4-7, abbiamo una verità di fede quella di credere che la remissione dei peccati vienne dal sacrificio di Cristo.  Inoltre, “È impossibile infatti che il sangue di tori e di capri elimini i peccati. Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice: Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: Ecco, io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la tua volontà”.
Alcuni studiosi sostengono che la terza parte, cioè Eb 10, 8-10 è piutosto il commento dell’autore sul Salmo 40 (39), 7-9 usato come parole di Gesù nel nostro brano. Citiamo fra di loro, Claudio Bottini che ci trasmette questo:
“ed è proprio questo che ha compiuto e che l’autore in 10,8-10 commentando le parole del salmo alla luce di ciò che in Cristo è avvenuto:” Dopo aver detto: Tu non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato, cose che vengono offerte secondo la Legge, soggiunge: Ecco, io vengo a fare la tua volontà. Così egli abolisce il primo sacrificio per costituire quello nuovo. Mediante quella volontà siamo stati santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, una volta per sempre”[7].
Questa struttura ci permette dunque di avere un’idea più ampia sul tema stesso. Così sorge qualche tema molto importante per guidare la nostra comprensione. Ci troviamo davanti a diversi concetti che meritano un approfondimento. Cercheremo di capire che cos’è il sacrificio. Bisogna pure sapere la differenza tra i sacrifici prescriti nella legge e quello di Cristo. In altri termini, è necessario sapere ciò che la legge di Mosè prescrive riguardo ai diversi tipi di sacrifici. In seguito, dobbiamo riconoscere che è importante analizzare il Salmo 40 (39), 7-9 che è quasi un’idea direttrice per la comprensione di questo passo della Lettera gli Ebrei.
Con questa analsi sarà più facile comprendere la problematica centrale in cui parleremo nel primo capitolo, e cioè il sacrificio di Cristo come compimento dei sacrifici antichi. Nel secondo capitolo parleremo, invece, degli effetti che scatturiscono dal sacrificio di Cristo. Così questo lavoro potrà raggiungere il suo scopo anche se non è esaustivo. Sarà arrichito dalla sacra scrittura come fonte principale e da alcuni autori. Prima di tutto, dedichiamo la nostra riflessione sulla comprensione del termine sacrificio e poi un’analisi del Salmo 40 (39), 7-9.
Cosa si intende con sacrificio? “Etimologicamente, la parola sacrificio viene dal latino sacrificium che comprende sacrum, rito sacro, e ficium, ficio. Sacrificare, cioè sacrum-ficare (ficare viene dal tema di facere), significa fare un rito sacro. Allora, il sacrificio viene inteso come un atto di culto rituale presente in tutte le tradizioni religiose, che implica generalmente un atteggiamento di sottomissione al sacro e il desiderio di stabilire un rapporto con esso; può comportare offerte di doni, cerimonie, invocazioni, preghiere. Nel cristianesimo, il termine sacrificio è applicato alla morte di Cristo, offerta per i peccati del mondo e alla commemorazione di essa nell’Eucaristia. Per estensione, il sacrificio diventa qualsiasi offerta, reale o simbolica, materiale o spirituale, fatta a Dio o alla divinittà. Inoltre, il sacrificio è un’offerta volontaria della propria vita per il bene della patria, della società o per un ideale. Può essere una grave privazione o una rinuncia, volontaria o imposta, a beni e necessità elementari, materiali o morali”[8].
Il salmo 40 (39) fa parte del salterio. Secondo Gianni Barbiero, “Lo studio del salterio ha rilevanza non solo per comprendere il divenire storico del libro, ma anche per cogliere il significato teologico dei salmi. Certo ogni salmo è un poema a sé, ha una sua storia e una sua autonomia poetica, ma il fatto di essere in quel punto del salterio gli conferisce un significato particolare”[9]. Questa affermazione vale per il salmo 40 (39) poiché, di per sé, gode della sua autonomia e del suo significato all’interno del salterio. Esso è inserito nel primo libro, uno dei cinque libri del salterio. Parlando dei cinque libri del salterio, Gianni Barbiero dice che:
“Al livello canonico, il salterio presenta una divisione in cinque libri. Tale divisione è marcata dalle dossologie: Sal 41, 14; 72, 18-19; 89, 53; 106, 48. Ognuna di queste dossologie, che pure presentano significative differenze, termina con un "amen". I cinque libri del salterio sono dunque: Sal 1-41; 42-72; 73-89; 90-106; 107-150. Come sopra si è notato, la divisione in cinque libri vuole probabilmente imitare la divisione della torah nei cinque libri del Pentateuco, e presenta perciò il salterio come un compendio della Legge”[10].
Il tema centrale del Salmo 40 (39) è l’azione di grazie come lo possiamo affermare con Gianni Barbiero quando scrive: “La quarta raccolta comprende sette salmi (35-41) e presenta, come la precedente, due itinerari di preghiera, dalla supplica, il primo (Sal 35-37) culminante nell'inno del Sal 36, il secondo (Sal 38-41) nel ringraziamento del Sal 40”[11].
Quindi questo Salmo è preceduto e seguito da Salmi di supplica. La preoccupazione ci viene in mente per sapere come avviene questo. La risposta viene ribadita da Gianni Barbiero dicendo: “forse questo riflette una situazione di sofferenza in cui si trovava Israele, per cui il ricordo della liberazione nel passato fa salire ancor più viva la supplica per la liberazione nel presente[12]. I versetti 7-9 di questo Salmo espromono in qualche modo un’idea che il salmista è invitato a rendere obbedienza a Dio, cioè a fare la volontà del Padre. Gesù lo compie esattamente. Questo atteggiamento è proprio il significato del Sacrificio di Cristo.

CAPITOLO I : IL SACRIFICIO DI CRISTO COME COMPIMENTO DEI SACRIFICI ANTICHI

Introduzione


Il sacrificio di Cristo presentato in Eb 10, 1-10 è in confronto con i sacrifici antichi. L’autore sacro dimostra effettivamente che quei sacrifici sono insufficenti per il fatto che non producevano il perdono dei peccati in favore degli offerenti. Cristo, invece, si è consegnato se stesso una volta per sempre per la salvezza di tutti gli uomini. Ci pare dunque opportuno analizzare questi due aspetti.
In questo brano (Eb 10, 1-10), si parla di diversi tipi di sacrifici ossia del sacrificio, dell’offerta, di olocausti e di sacrifici per il peccato. Descrivendo questi tipi di sacrifici, Antonio Charbel sottolinea che: « L’olocausto è il sacrificio nel quale la vittima tutta intera viene consumata sull’altare»[13]. Riguardo ai sacrifici per il peccato, dice: “Questi tipi di sacrifici sono prescritti per chi non osserva la legge del Signore per ignoranza o per inavvertenza involontaria[14].
Tutti questi sacrifici vengono ripetutti ogni anno alla ricerca del perdono dei peccati. Il popolo esprime profondamemente il desiderio di pentirsi e di ricevere da Dio, il perdono dei peccati. Ma non ci si arriva a causa dell’ insufficenza degli stessi sacrifici poiché non accedono ala presenza di Dio.
Parlando del confronto tra i sacrifici antichi e il sacrificio di Cristo, dal punto di vista del loro culto, Nello Casalini sostiene che “facendo il confronto con il sacrificio espiatorio del sommo sacerdote descritto in Eb 9, 7 risulta che il Cristo ha compiuto realmente ciò che l’altro eseguiva nei riti, simbolicamente. Infatti il Cristo, con la sua morte, ha realmente ottenuto il perdono e ha avuto accesso per sempre alla presenza di Dio. Mentre l’altro entrava solo in una tenda, simbolo della presenza divina e di conseguenza il rito dell’aspersione del sangue in vista del perdono, era puramente indicativo di un perdono sperato ma non ottenuto, perché non accedeva a Dio”[15].  
Possiamo dire che questi sacrifici si offrivano per osservanza della legge di Mosè : « Questa sarà per voi una legge perenne: una volta all’anno si compirà il rito espiatorio in favore degli Israeliti, per tutti i loro peccati ». E si fece come il Signore aveva ordinato a Mosè (Lv 16, 34). Perciò non possono portare gli offerenti alla perfezione, come osserva l’autore della Lettera agli Eb quando dice: « La Legge infatti, poiché possiede un’ombra dei beni futuri e non la realtà stessa delle cose, non ha mai il potere di condurre alla perfezione per mezzo di sacrifici-sempre uguali, che si continuano a offrire di anno in anno-coloro che si accostano a Dio » (Eb 10, 1)[16]. Quindi, quei sacrifici non possono portare all’espiazione di colpe. Ma per quale motivo? Perché sono offerti secondo la legge che nonn porta alla perfezione.
A questo punto di vista, Teodorico da Castel S. Pietro, ribadisce che esiste un duplice motivo per il quale i sacrifici ripetutti ogni anno siano incapaci di espiare i peccati per sempre. Così dice :
 « Messo in rilievo il fatto che il sacrificio di Kipur viene ripetuto ogni anno, se ne dà il motivo, sia razionale sia mutuato dall’autorità della Scrittura (4-10). Il primo è fondato sulla natura delle vittime immolate: animali irragionevoli non possono espiare i peccati degli uomini. La scrittura, poi, lo dichiara più in linea di fatto teoricamente, preannunciando un sacrificio nuovo in sostituzione di quelli antichi, che non piacquero a Dio »[17].
Brevemente, nel motivo razionale, riteniamo che il sangue di animali non può espiare i peccati di uominni raggionevoli mentre, nel secondo cioè il motivo scritturistico, tutti questi sacrifici non piaciono a Dio. Pertanto, Dio non li gradisce e gli uomini rimangono nella schiavitù del peccato.
Anche i profetti Isaia, Geremia, Amos e Michea avevano già dinunciato l’inefficacità dei sacrifici di animali. In Isaia, per esempio leggiamo: «Perché mi offrite i vostri sacrifici senza numero-dice il Signore. Sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso di pingui vitelli. Il sangue di tori e di agnelli e di capri io non lo gradisco » (Is 1, 11)[18].
Tutte queste affermazioni suscitano alcune preoccupazioni. Si può cercare di sapere perché gli offerenti continuavano ad offrire tali sacrifici che non concedevano il perdonno dei peccati. A queste preoccupazioni, Teodorico da Castel S. Pietro, risponde: « Lungi dal possedere la virtù di espiare i peccati dell’anno decorso, quel sacrificio serviva soltanto a disporre gli animi a penitenza per implorare il perdonno divino; il quale, caso mai, veniva accordato in  virtù dell’unico sacrificio futuro di Cristo Perciò »[19].
Una tale posizione conferma sufficentemente che i sacrifici dell’antica alleanza sono una lunga preparazione all’unico sacrificio di Cristo. In altri  termini, Gesù compie i sacrifici antichi mediante la sua morte sulla croce. “Offrendo il suo corpo sulla croce, diede compimento ai sacrifici antichi, e donandosi per la nostra redezione divenne altare, vittima e sacerdote”[20]. Anche nel campo dei sacrifici, questa affermazione di Gesù risulta valida quando dice Lui stesso: “Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i profeti; non sono venuto ad abolire,  ma a dare pieno compimento”(Mt 5, 17). Perciò, ribadiamo che al momento che Gesù compie i sacrifici antichi con la sua donazione, il suo sacrificio diventa l’unico sacrificio efficace.
Il sacrificio di Cristo non soltanto supera ma sostituisce i sacrifici antichi. La sua funzione efficace consiste nel fatto che Cristo si è offerto se stesso per elliminare i peccati una volta per sempre. Lui stesso è la vittima immolata per la salvezza del popolo di Dio. Dio lo ha mandato per riscatare l’umanità dalla schiavitù del peccato. Questa è la missione di Cristo. La sua obbedienza ci ha portato alla salvezza. Già il profeta Samuele riconosceva che l’obbedienza vale più del sacrificio: « Il Signore gradisce forse gli olocausti e i sacrifici quanto l’obbedienza alla voce del Signore? Ecco, obbedire è meglio del sacrificio, essere docili è meglio del grasso degli arrieti » (Sam 15, 22). Quindi il sacrificio di Cristo è caratterizzato dall’obbedienza del Figlio al Padre. E per questo motivo che Dio lo gradisce perché Cristo ha fatto la volontà salvifica e universale di Dio. Cristo compie pienamente le parole messianiche del Salmo 40 (39), 7-9 come dice Teodorico da Castel S. Pietro:
« Attendendoci al “sensus plenior”, dobbiamo intendere che Cristo realizzò, in maniera più perfetta, l’obbedienza che il salmista era invitato a rendere, e voleva, di fatto, rendere a Dio, come di gran lunga più gradita di tutti i sacrifici della legge. Questo atto sublime di obbedienza doveva consistere, per Cristo, sopratutto nel sacrificio della propria vita, incluso già nel sì dell’Incarnazione »[21].
L’autore di Ebrei ci mostra che l’atto del sacrificio compiuto da Gesù deve essere strettatemente collegato al mistero dell’Incarnazione. Perciò fa uso del verbo “entrare”. Così lo descrive : “Per questo, entrando nel mondo, dice”(Eb 10, 5). L’autaure sacro usa dunque questa formula per introdurre le parole del salmista nella missione redentrice di Critso. Poi, la visione messianica in questo brano, comincia con l’incarnazione e si compie con la morte di Cristo sulla croce. Certo che questa visione significa “Mostrare che con la sua morte sulla croce, il Cristo ha portato a compimento la liberazione dai peccati, a cui tendevano tutti i sacrifici dell’antica alleanza. Con la sua morte per i peccati ha attuato la salvezza per mezzo del perdono dei peccati, che quei sacrifici lasciavano sperare e che già indicavano simbolicamente, ma senza poterla effettivamente concedere”[22].
Ciò che conferma effettivamente che il sacrificio di Cristo rimane l’unico sacrificio efficace in quanto porta a compimento i sacrifici dell’antica alleanza. La sua funzione efficace si vede non soltanto nel fatto che non si può ripetere, perché lo ha fatto una volta per sempre, ma anche negli effeti che produce in favore degli offerenti. Così avviene la perfezione del popolo intero mediante il mistero kerigmatico di Cristo occore la sua passione, morte e risurrezione. E Dio vede la sua volontà realizzata, quella salvifica per il suo popolo. Perciò, Dio, nella sua volontà, gradisce il sacrificio del suo Figlio per renderci santi come Lui è Santo.

Conclusione


Il percorso di questo primo capitolo ci ha portato a considerare due cose essenziali occore l’insufficenza dei sacrifici antichi e la funzione efficace dell’unico sacrificio di Cristo compiuto sulla croce, una volta per sempre. Se i primi erano ripetutti ogni anno secondo la legge di Mosè, il secondo non può essere ripetutto visto la sua funzione efficace. Esso è inanzitutto il compimento di quei sacrifici. Questi ultimi venivano offerti a motivo di portare ad un atteggiamento di pentimento per gli offerenti. Il sacrifico di cristo, invece, ha cancellato i peccati una volta per sempre. Perciò non poteva rimanere senza effetti, in cui parleremo in seguito in modo di rendere più chiaro la sua funzione efficace.

CAPITOLO II : GLI EFFETTI DEL SACRIFICIO DI CRISTO


Introduzione


Lo scopo di questo capitolo è di presentare gli effetti che scatturiscono dal sacrificio di Cristo. Questi , infatti, sono il perdono dei nostri peccati e la nostra santificazione a cui possiamo aggiungere la glorificazione del Figlio dal Padre. Vedremo in seguito come avviene tutto questo.
Abbiamo fin dall’inizio ossevato che il sacrificio di Cristo rimane l’unico sacrificio efficace. Questa affermazione rimanda al fatto che questo sacrificio produce un effetto permanente, cioè il perdono dei nostri peccati che Cristo realizzò una volta per sempre. Il perdono dei peccati implica, infatti, la santificazione nonché la perfezione. Dio vuole renderci santi come Lui è Santo. Vuole farci partecipi della sua Santità. Questa è la sua volontà. Quindi, Cristo, facendo la volontà del Padre, ci ha portato alla santificazione. “Mediante quella volontà siamo stati santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, una volta per sempre” (Eb 10, 10). Abbiamo ormai accesso ai beni futuri che aspetava il popolo. “I beni futuri sono i beni dela salvezza, cioè il perdono dei peccati e la comunione di vita con Dio. Pertanto la legge non li possedeva, ma li lasciava sperare, così come l’ombra indica la realtà che segue, senza essere la stessa realtà. Per questa ragione si può dire che li prefigurava, cioè la indicava nello scopo dei riti”[23].
Secondo Nello Casalini, “Il liguaggio cultuale descrive la morte del Cristo come un sacrificio per il peccato e il suo effetto. Ma significa semplicemente che con quella morte noi siamo stati realmente purificati dai peccati, perché con essa sono stati tolti. Pertanto nella morte si compie il perdono che i sacrifici stabiliti dalla legge indicavano in modo figurato, cioè attraverso i simboli e i riti del culto”[24]. Dunque, con questo sacrificio, siamo realmente purificati una volta per sempre. Anzi, perdonati i nostri peccati, noi siamo ormai partecipi della santità di Dio mediante il sacrificio di Cristo.
Cristo, infatti, dopo aver compiuto la sua missione, nella sua passione e nella sua morte sulla croce, ottene la glorifificazione dal Padre, nella risurrezione dai morti. In questo modo, Dio lo ha fatto sedere alla sua destra. A questo punto di vista, Teodorico da Castel S. Pietro scrive: “Mentre il sacerdozio levitico ripete incessamente gli stessi sacrifici, Critso ne ha offerto uno solo in espiazione dei nostri peccati, che gli ha anche meritato la gloria di sedere alla destra di Dio (11-14). Del pieno valore del sacrificio di Cristo ci assicura Iddio stesso dicendo, in Geremia, che egli non si ricorderà più dei nostri peccati (15-18)”[25]. Quindi, la glorificazione del Figlio è pure un  effetto del sacrificio di Cristo.

Conclusione


Alla fine di questo capitolo, diciamo che nel sacrificio di Cristo, compiuto una volta per sempre, otteniamo parrecchi  effetti occore il perdono dei nostri peccati, la nostra santificazione e la glorificazione del Figlio. Il perdono dei peccati indica che siamo stati inseriti nella Santità di Dio; nella glorificazione del Figlio troviamo che Dio lo ha rissuscitato dai morti e lo ha fatto sedere alla sua destra da cui ritornerà per giudicarci alla fine dei tempi.




CONCLUSIONE


Al termine di questa esercitazione scritta sul tema del sacrificio di Cristo in Eb 10, 1-10, dobbiamo riconoscere che il sacrificio di Cristo rimane l’unico sacrifio efficace. Con esso, cessano i sacrifici antichi per il fatto che erano insufficenti per concedere il perdono dei peccatti agli offerenti. Li lasciavano un attegiamento di sperare al perdono dei loro peccati. I loro sacrifici non accedevano alla presenza divina a causa della natura delle vittime. Perciò Dio non li gradiva più perché erano insufficenti e simplice simbolismo. I sacrifici, gli olocauti, le offerte, i sacrifici per il peccato non piacevano più a Dio.
 Cristo, invece, si è consegnato per fare la volontà salvifica di Dio. Così le parole del salmo 40 (39), 7-9, si realizzano nella missione redentrice di Cristo quando egli compie esattamente la volontà del Padre mediante la sua morte sulla croce che è il sacrificio che compie i sacrifici antichi e li sostituisce. Con questo sacrificio, noi otteniamo il perdono dei peccati con cui siamo realmente purificati per essere partecipi della santità di Dio. Cristo, invece, siede alla destra del Padre da cui verrà per giudicarci negli ultimi tempi.
L’esortazione che fa l’autore sacro risulta valida per noi in quanto, il sacrificio di Cristo, ripresentato nell’Eucaristia, ci concede il perdono dei peccati in modo ad inserirci nella Santità di Dio. Nella visione messianica, abbiamo accenato che l’ingresso di Cristo, cioè la sua incarnazione è direttamente collegata alla sua missione redentrice. Criso, infatti, è entrato nel mondo per fare la volontà del Padre, quella di salvare tutti gli uomini attraverso la sua passione, la sua morte sulla croce seguita dalla sua ascensione per sedere alla destra di Dio. Nella visione escatologica possiamo dire che offriamo questo sacrificio nell’Eucaristia aspetando che Cristo che siede alla destra del Padre venga per giudicare i vivi e i morti alla fine dei tempi.
Con queste affermazioni, supponiamo che la nostra indigine ha raggiunto il suo scopo benché non sia esaustiva. La ricerca sull’argomento è aperta a chi vodrà arricchirlo. Spetta a noi parlare, in seguito, del sacerdozio di Cristo perché il sacrificio di cristo è direttamente collegato al suo sacerdozio.

BIBLIOGRAFIA


Fonte
La BIBBIA TOB, Nuova traduzione CEI, Editrice Elledici, 2010.
Strumento
1.      DURO A. , Sacrificio, in Vocabolario della lingua italiana, Vol. IV, S-Z, Roma, 1994.
2.      Messale Romano (Prefazio pasquale V ), Riformato a norma del decreto del Concilio Ecumenico Vaticano II e promulgato da Papa Paolo VI, Ed. Pastorali Italiani. S.R.L., Roma, 1973.

Commentario
BOTTINI C. , Il Discorso perfetto, in Lettera agli Ebrei, Lettura esegetico-esistenziale,               
                     Atti della  Nona Settimana Abruzzese, Tocco Casauria, (4-9 luglio 1994), a                 
                     cura ura di RAIMONDO CORONA.

Libri
1.      BARBIERO G. , Il regno di Yhwh e del suo Messia,  Salmi scelti dal primo libro            
                            del salterio, Città nuova, 2008.
2.      CASALINI N. , Iniziazione al Nuovo Testamento, Franciscan printing Press,                        
                          Jerusalem, 2001.
3.      CHARBEL A. , Il Sacrificio pacifico nei suoi riti e nel suo significato religioso e                       
                               figurativo, Ed. The commercial, Jerusalem, 1967.
4.      MASINI M. , Lettera agli Ebrei, messaggio ai cristiani, Editrice Queriniana;   
                       Brescia, 1985.
5.      DA CASTEL S. PIETRO T. , La Sacra Bibbia, L’Epistola agli Ebrei, Marietti,   
                                                 Roma, 1952.











[1] M. MASINI, Lettera agli Ebrei, messaggio ai cristiani, Editrice Queriniana; Brescia, 1985, 65.
[2] M. MASINI, Lettera agli Ebrei, messaggio ai cristiani, 44.
[3] M. MASINI, Lettera agli Ebrei, messaggio ai cristiani, 44.
[4] La BIBBIA TOB, Nuova traduzione CEI, Editrice Elledici, 2010.
[5] C. BOTTINI, Il Discorso perfetto, in Lettera agli Ebrei, Lettura esegetico-esistenziale, Atti della
                         Nona Settimana Abruzzese, Tocco Casauria, (4-9 luglio 1994), a cura di RAIMONDO    
                         CORONA, 71.
[6] C. BOTTINI, Il Discorso perfetto, in Lettera agli Ebrei, 70.
[7]  C. BOTTINI, Il Discorso perfetto, in Lettera agli Ebrei, 72.
[8] A. DURO, Sacrificio, in Vocabolario della lingua italiana, Vol. IV, S-Z, Roma, 1994, 11.
[9] G. BARBIERO, Il regno di Yhwh e del suo Messia,  Salmi scelti dal primo libro del salterio, Città nuova,
                             2008, 18.
[10] G. BARBIERO, Il regno di Yhwh e del suo Messia, 21-22.
[11] G. BARBIERO, Il regno di Yhwh e del suo Messia, 26-27.
[12] G. BARBIERO, Il regno di Yhwh e del suo Messia, 26.
[13] A. CHARBEL, Il Sacrificio pacifico nei suoi riti e nel suo significato religioso e figurativo, Ed. The
                           commercial, Jerusalem, 1967, 8.
[14] A. CHARBEL, Il Sacrificio pacifico nei suoi riti e nel suo significato religioso e figurativo, p. 14.
[15] N. CASALINI, Iniziazione al Nuovo Testamento, Franciscan printing Press, Jerusalem, 2001, 255.
[16] La BIBBIA TOB, Nuova traduzione CEI, Editrice Elledici, 2010.
[17] T. DA CASTEL S. PIETRO, La Sacra Bibbia, L’Epistola agli Ebrei, Marietti, Roma, 1952, 162.
[18] La BIBBIA TOB, Nuova traduzione CEI, Editrice Elledici, 2010.
[19] T. DA CASTEL S. PIETRO, La Sacra Bibbia, L’Epistola agli Ebrei, 163.
[20] Messale Romano (Prefazio pasquale V ), Riformato a norma del decreto del Concilio Ecumenico Vaticano II e promulgato da Papa Paolo VI, Ed. Pastorali Italiani. S.R.L., Roma, 1973, 325.
[21] T. DA CASTEL S. PIETRO, La Sacra Bibbia, L’Epistola agli Ebrei, 164.
[22] N. CASALINI, Iniziazione al Nuovo Testamento, 245-246.
[23] N. CASALINI, Iniziazione al Nuovo Testamento, 256.
[24] N. CASALINI, Iniziazione al Nuovo Testamento, 256.
[25] T. DA CASTEL S. PIETRO, La Sacra Bibbia, L’Epistola agli Ebrei, 162.