Introduzione
Il Vangelo di Giovanni tratta poche
volte del tema del pane della vita nel senso in cui
ne parla nel brano che
stiamo per analizzare (Gv 6, 22-66). Gesù pronuncia un discorso molto lungo, nella sinagoga di Cafarnao davanti
ai suoi discepoli e ai Giudei riguardo a questa nuova comprensione del pane.
Infatti, i suoi ascoltatori sono confusi di udire un tale modo di manifestarsi
da parte di Gesù. La loro incredulità li conduce a non capire quello che
Gesù manifesta nella loro vita. Anzi, sono una gente affamata. Hanno bisogno
del pane materiale, pure di quello spirituale. Allora Gesù spiega come avviene
che Lui sia il pane, il vero pane che li aiuta ad essere sfamati. Però, questo
modo di dire crea un problema. La reazione alle parole del Signore suscita une
incredulità. Tuttavia, il Signore parla con insistenza per convincergli che è
Lui il vero pane, il pane della vita disceso dal cielo che supera quella manna
del deserto.
Perciò
la nostra indagine consisterà a capire che cosa possiamo intendere per il pane
della vita in modo in cui Gesù ne parla nel discorso così detto, discorso sul
pane della vita secondo il Vangelo di Giovanni. Parleremo dei personaggi che
intervengono nel discorso, dell’ambiente, della circostanza, degli elementi
materiali del brano (come il pane, la manna, la carne, il sangue), del senso
spirituale e teologico del brano e in fine della sua attualizzazione per
comprendere che cosa la chiesa ne dice per la nostra vita cristiana.
Questo
scritto sarà arricchito da autori che hanno scritto sul Vangelo secondo Giovanni,
oppure da chi ha dibattuto sul nostro tema. Così aggiungeremo lo scopo della
nostra investigazione, anche se non sarà esaustiva.
I.
GIOVANNI 6, 22-66
22 Il giorno dopo, la folla, rimasta dall'altra parte del
mare, notò che c'era una barca sola e che Gesù non era salito con i suoi
discepoli sulla barca, ma soltanto i suoi discepoli erano partiti. 23 Altre
barche erano giunte nel frattempo da Tiberìade, presso il luogo, dove avevano
mangiato il pane dopo che il Signore aveva reso grazie. 24 Quando dunque la folla
vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si
diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. 25 Trovatolo di là dal
mare, gli dissero: "Rabbì, quando sei venuto qua?". 26 Gesù rispose:
"In verità, in verità vi dico, voi mi cercate non perché avete visto dei
segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. 27 Procuratevi
non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna, e che il Figlio
dell'uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo
sigillo". 28 Gli dissero allora: "Che cosa dobbiamo fare per compiere
le opere di Dio?". 29 Gesù rispose: "Questa è l'opera di Dio: credere
in colui che egli ha mandato". 30 Allora gli dissero: "Quale segno
dunque tu fai perché vediamo e possiamo crederti? Quale opera compi? 31 I
nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro
da mangiare un pane dal cielo. 32 Rispose loro Gesù: "In verità, in verità
vi dico: non Mosè vi ha dato il pane dal cielo, ma il Padre mio vi dà il pane
dal cielo, quello vero; 33 il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà
la vita al mondo". 34 Allora gli dissero: "Signore, dacci sempre
questo pane". 35 Gesù rispose: "Io sono il pane della vita; chi viene
a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete. 36 Vi ho detto però
che voi mi avete visto e non credete. 37 Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a
me; colui che viene a me, non lo respingerò, 38 perché sono disceso dal cielo
non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. 39 E
questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di
quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell'ultimo giorno. 40 Questa infatti è
la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la
vita eterna; io lo risusciterò nell'ultimo giorno". 41 Intanto i Giudei
mormoravano di lui perché aveva detto: "Io sono il pane disceso dal
cielo". 42 E dicevano: "Costui non è forse Gesù, il figlio di
Giuseppe ? Di lui conosciamo il padre e la madre. Come può dunque dire: Sono
disceso dal cielo?". 43 Gesù rispose: "Non mormorate tra di voi. 44 Nessuno
può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo
risusciterò nell'ultimo giorno. 45 Sta scritto nei profeti: E tutti saranno ammaestrati
da Dio. Chiunque ha udito il Padre e ha imparato da lui, viene a me. 46 Non che
alcuno abbia visto il Padre, ma solo colui che viene da Dio ha visto il Padre.
47 In verità, in verità vi dico: chi crede ha la vita eterna. 48 Io sono il
pane della vita. 49 I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono
morti; 50 questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non
muoia. 51 Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane
vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del
mondo". 52 Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: "Come
può costui darci la sua carne da mangiare?". 53 Gesù disse: "In
verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non
bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. 54 Chi mangia la mia carne e
beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. 55
Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56 Chi mangia la
mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. 57 Come il Padre, che
ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia
di me vivrà per me. 58 Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che
mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in
eterno". 59 Queste cose disse Gesù, insegnando nella sinagoga a
Cafàrnao. 60 Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero:
"Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?" 61 Gesù, conoscendo
dentro di sé che i suoi discepoli proprio di questo mormoravano, disse loro:
"Questo vi scandalizza? 62 E se vedeste
il Figlio dell'uomo salire là dov'era prima? 63 È lo Spirito
che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho dette sono
spirito e vita. 64 Ma vi sono alcuni tra voi che non credono". Gesù
infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era
colui che lo avrebbe tradito. 65 E continuò: "Per questo vi ho detto che
nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre mio".
66
Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e
non andavano più con lui.
II.
LA STRUTTURA, IL CONTESTO, I PERSONAGGI E L’AMBIENTE
Per
quanto riguarda la struttura di questo brano, Michele Mazzeo scrive: “Il discorso di Gesù, pane della vita, che ci
riguarda direttamente (6, 22-59), si divide in due sezioni: nella prima parte
(6, 22-41), parole misteriose di Gesù che contrappongono due tipi di pane;
nella seconda (6, 41-59), i presenti non ammettono che un uomo possa avere
origine divina e dare la vita definitiva. Gesù, perciò, si rivela chiaramente
come pane vivo”[1].
Il testo è nel contesto della moltiplicazione dei pani (Gv 6, 1-15). Così lo
dice Michele Mazzeo:
“La datazione del testo, il giorno dopo, mostra l’intima connessione con
l’episodio precedente (moltiplicazione dei pani e cammino sull’acqua, 6, 1-21).
I discepoli hanno lasciato Gesù e se ne sono andati; anche la folla lo ha
abbandonato. La ripetizione dell’aggettivo “solo” mostra la situazione violenta
e innaturale che era creata, ma tutti di nuovo cercano Gesù. La gente segue lo
stesso itinerario dei discepoli di Gesù per avvicinarsi a lui, va dove avevano
mangiato il pane” (6, 23)[2].
I personaggi
che intervengono in questo brano sono sconosciuti per nomi. Comunque, Gesù non
parla da solo. Ci sono delle persone che intervengono, che gli pongono delle
domande e Gesù che le risponde. Perciò, il brano può essere chiamato un “discorso-dialogo”
come osserva Michele Mazzeo: “È il
discorso-dialogo più lungo di tutti quelli riportati da Giovanni, il cui
contenuto teologico è, densissimo. Il capitolo rappresenta il culmine
dell’attività di Gesù in Galilea ed è tutto concentrato sul miracolo della
moltiplicazione dei pani e l’autorivelazione di Gesù come pane della vita”[3].
Tra
gli interlocutori, si parla, inizialmente, della folla dei discepoli. Quest’ultima
è innanzitutto, la prima a creare un clima di dialogo chiedendo al Signore: "Rabbì, quando sei venuto qua?" Gv
6, 25 ). Di là, Gesù comincia il suo insegnamento oppure il così detto discorso
eucaristico: "In verità, in verità
vi dico, voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete
mangiato di quei pani e vi siete saziati. Procuratevi non il cibo che perisce,
ma quello che dura per la vita eterna, e che il Figlio dell'uomo vi darà.
Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo" (Gv 6,
26-27).
Gli altri personaggi sono i Giudei che
negano l’identità di Gesù rivelata a loro: “Intanto
i Giudei mormoravano di lui perché aveva detto: "Io sono il pane disceso
dal cielo". E dicevano: "Costui non è forse Gesù, il figlio di
Giuseppe? Di lui conosciamo il padre e la madre. Come può dunque dire: Sono
disceso dal cielo?" (Gv 6, 41-42). E ancora: “Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: "Come può
costui darci la sua carne da mangiare?"(Gv 6, 52). I Giudei menzionati
nel discorso sono, in realtà, dei Galilei come osserva Michele Mazzeo dicendo:
“Ma sono
chiamati Giudei, espressione che nel quarto Vangelo è peculiare, perché tutti
gli avversari di Gesù sono regolarmente chiamati Giudei o Farisei.
L’espressione Giudei è applicata da Giovanni non a tutto il popolo, ma solo a
una parte di essi, vale a dire ai capi politici e religiosi, sommi sacerdoti e
farisei che sono avversari di Gesù. Da questo uso caratteristico
dell’espressione giudei non risulta tuttavia che Giovanni faccia distinzione
tra popolo e coloro che sono propriamente responsabili, cioè capi [4].
Il
brano è molto chiaro sull’ambiente in cui Gesù fa questo discorso e cioè nella
sinagoga di Cafarnao sulla riva del lago di Tiberiade, nella Galilea.
III.
ELEMENTI MATERIALI NEL LORO NUOVO SENSO
Si
tratta, in questo brano, di diversi elementi materiali tra cui abbiamo già
menzionato il pane, la manna, la carne, il sangue che cerchiamo di capire al
punto di vista della nuova rivelazione di Gesù come vero pane della vita. Nella
prima parte, come l’abbiamo già detto, Gesù e i suoi interlocutori discutono
sul concetto del pane, anzi, su due tipi di pane, quello del deserto, la manna
e quello vero che viene dal Padre, Gesù Cristo. Nella seconda parte, invece,
Gesù si rivela ai suoi ascoltatori come vero pane disceso dal cielo, parlando
della sua carne e del suo sangue.
Nella
Bibbia, il pane ha diversi significati. È innanzitutto, il castigo dell’uomo da
parte di Dio: “Mangerai il pane con il
sudore della fronte”(Gn3, 19) e la pena della donna. Pure, il pane era
chiamato, la legge. “Gesù, come pane di
vita, se da un lato si contrappone alla manna, dall’altro si contrappone anche
alla legge che come fonte di vita, era chiamata, pane: la sua osservanza, secondo
la dottrina rabbinica, assicurava la vita per il mondo futuro”[5]. Dopo,
il pane viene significare, la manna ritenuta dalla tradizione come pane disceso
dal cielo (Es 16, 4.15) e Gesù si rivela come il pane, il vero pane disceso dal
cielo (Gv6, 51). Michele Mazzeo osserva che:
“La manna non poteva dare la vita vera, quella eterna, e
ciò è talmente vero che i padri l’hanno mangiata nel deserto e sono morti (6,
49). Anche se data in modo prodigioso essa resta pur sempre un pane terreno,
incapace di preservare dalla morte. Gesù solo è il vero pane del cielo, che
gustato dà la vita eterna. E per spiegare ciò, Gesù dice al versetto 51: Io
sono il pane vivo, disceso dal cielo, se uno mangia di questo pane, vivrà in
eterno, il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”[6].
Si
vede chiaramente che si tratta qui del sacramento dell’Eucaristia dove Gesù si
dà in nutrimento per la vita eterna. L’Eucaristia è, infatti, “sacramento di pietà, segno di unità, vincolo
di carità, convito pasquale, nel quale si riceve Cristo, l’anima viene
ricolmata di grazia e viene dato il pegno della gloria futura[7].
Parlando della manna, Bartolomé Ubach ci dice che:
“La manna era un elemento che apparve
la prima volta nel deserto di Sin il 15 del secondo mese dopo la partenza dei
figli di Israele dall’Egitto, e che circa quarant’anni consecutivi costituì il
principale alimento del popolo nella sua peregrinazione attraverso il deserto.
Il testo sacro ce la descrive come il pane inviato da Yahweh per alimentare il
popolo (Es 16, 15). Era simile al seme del coriandolo e bianca e aveva il
sapore di una focaccia con miele (Es 16,31). Aveva il colore dello bdellio. Il
popolo andava attorno a raccoglierla; poi la riduceva in farina con la macina o
la pestava nel mortaio, la faceva cuocere in pentole o ne faceva delle focacce;
aveva il sapore di pasta all’olio (Num 11, 7-8) cadeva ogni notte, eccetto al
sabato, intorno all’accampamento. Sul far del giorno, ogni individuo ne
raccoglieva quanta era necessaria per l’alimento della giornata; al venerdì la
razione era doppia in vista della festa del giorno seguente; quando poi il sole
incominciava a scaldare, il restante si fondeva. Se qualcuno pretendeva
conservarne una certa quantità per il giorno dopo, questa si riempiva di vermi
e imputridiva (Es 16, 9-36)”[8].
La
questione del significato della manna
ha suscitato diverse controversie tra i cercatori. Infatti, gli Arabi della
penisola del Sinai danno ancora oggi il nome di mann el-sama (manna del cielo) al prodotto resinoso che durante i
forti calori di giugno e di luglio la pianta Tamarix mannifera, chiamata in arabo tarfa, suole distillare. Dalla metà del secolo XIX sono stati
diversi esegesi e i botanici che hanno discusso sull’origine e sulla nature di
simile resina. Alcuni la consideravano come un’essudazione di detta pianta,
simile alla gomma dei nostri peri, ciliegi; altri con Ehrenberg la attribuivano
alla puntura di un insetto. La controversia si può ritenere oggi finita dopo le
osservazioni, universalmente accolte, compiute dall’entomologo Bodenheimer,
professore dell’Università ebraica di Gerusalemme, nel corso di una spedizione
organista nell’estate del 1927 da un gruppo di professori della medesima
Università, con la finalità di studiare attentamente il fenomeno. Ecco qui in
sintesi il risultato di alcune delle sue investigazioni. È stato solidamente
stabilito che la manna del Sinai non è dovuta da una secrezione naturale della Tamarix mannifera, ma all’azione di un
insetto (Trabutina mannipara), come
aveva sostenuto Enrenberg. Bodenheimer, che l’ha studiato in una maniera
scientifica, dedusse che il fenomeno della manna è il risultato di una
secrezione, elaborata principalmente dalle cocciniglie femminile. Stabilitesi,
frequentemente in gran numero, sulla tamerice, esse succhiano la sua linfa, la
quale viene poi espulsa dall’orifizio, dove termina il condotto digestivo
dell’insetto. Appiccicandosi alla pianta in forma di un sciroppo
bianco-gallognolo va crescendo a poco a poco fino a raggiungere le dimensioni
di un pisello. Nei rami su cui si, trovano riunite un certo numero di
cocciniglie, il liquido si accumula e non tarda a cadere a terra in forma di
gocce. Durante la frescura della notte, la secrezione che non si è ancora
cristallizzata mantiene una consistenza. Al mattino, una quantità di manna staccatasi
dai rami si trova sparsa sotto le tamerici, fino a che verso le nove arrivano
le formiche e puliscono completamente il luogo, se i Beduini non sono stati
prima diligenti nel raccoglierla. Leggermente aromatica, la manna del Sinai ha
un sapore di dolce come il miele. I Beduini l’apprezzano come un alimento
succulento. Si servono di essa come di zucchero per addolcire le bibite o di
alimento che accompagna il pane, od anche per la confezione di torte e di una
varia quantità di paste.
Raffrontando
ora quello che abbiamo appena finito di esporre sulla manna del Sinai, con
quanti ci riferisce di essa il testo sacro in Es 16 e in Num 11, 7-8,
non vi è dubbio che esiste una grande affinità fra l’una e l’altra.
Entrambe appaiono al mattino; entrambe, in stato di solidificazione, presentano
una stessa forma e un medesimo colore; entrambe hanno il sapore del miele;
entrambe possono essere macinate e adoperate per la confezione di paste. È
possibile da dedurre un’idea di natura tra l’una e l’altra manna? G. Flavio
così la pensa e molti esegesi posteriori l’hanno sostenuto. Questa è anche la
nostra ferma convinzione. Da questa identità di natura, però, non segue che
possa essere posto in dubbio il carattere soprannaturale della manna biblica.
Ammettendo,
se si vuole, l’identità della manna del Sinai con quella della Bibbia, non vi è
dubbio che il fenomeno, come ce lo descrive l’autore sacro, presenti tutti i
caratteri di un fatto sopranaturale: a) la manna del Sinai appare soltanto
nella penisola nei due mesi più caldi dell’anno; quella della Bibbia cadeva dal
cielo tutti i giorni dell’anno, ad eccezione del sabato; b) la manna del Sinai
non si trova che sulle tamerici; ma non in tutte né in ogni regione della
penisola; Israele si alimentò con la manna in tutti i luoghi del Sinai, come a
Cades, nei deserti di Sin e di Paran e sugli altipiani di Moab, dove
probabilmente non vi era cessato di apparire colà da secoli al suo tempo
preciso; la manna della Bibbia incominciò a cadere poco tempo dopo che Israele
uscì dall’Egitto, quando Yahweh volle, e cessò dopo quarant’anni, parimenti per
volere di Yahweh. Per quanto una persona si sforzi nel voler sottilizzare, è
impossibile negare alla manna della Bibbia il suo carattere sopranaturale[9].
Un
altro termine citato nel nostro brano è la carne. Secondo José Alonso Dìaz, “la carne non è soltanto la materia organica
ma indica generalmente ogni uomo. Il verbo si fece carne equivale a il verbo si
fece uomo (Gv 1, 14). Quindi, nel discorso eucaristico carne designa
semplicemente, secondo alcuni testi, Gesù Cristo perché Gesù Cristo è il pane
della vita e il pane della vita è la carne di Gesù Cristo (Gv 6, 51)”[10]. Non
si può parlare di carne fuori del Sangue perché, naturalmente, la vita della
carne è nel sangue. Parlando del sangue di Cristo, Antonio Charbel scrive:
“Il sangue di
Cristo, mentre conferma con il sacrificio il nuovo patto, ci garantisce, come
vero segno di morte, la trasmissione dell’eredità di Dio, in virtù del
testamento, di cui il mediatore è Cristo Gesù. Inoltre, il sangue sacrificale è
la bevanda salutare con cui il fedele entra in comunione di vita con Dio (Gv6,
55-56). In una parola, il sangue di Cristo si identifica con la stessa persona
di Cristo nell’esercizio della funzione salvifica”[11].
IV.
SENSO SPIRITUALE, TEOLOGICO E ATTUALIZZAZIONE
Il
brano che analizziamo ha attirato l’attenzione di tanti studiosi ed è sempre
visto come discorso sul pane, cioè sull’Eucaristia ed è qualificato discorso
eucaristico. Già nel secolo II, Ignazio di Antiochia e Giustino adoperano
appunto il termine sarx (carne) in un contesto eucaristico, come Gv 6.
Agostino, invece, interpreta l’invito di Gesù a mangiare e bere il pane della
vita con poche parole entrate nella tradizione, coerenti con tutta la sua linea
interpretativa del mangiare-credere. Per lui, infatti, chi crede, mangia. Allora
Michele Mazzeo ci dice che Agostino fa osservazioni che manifestano la
difficoltà a vivere l’incontro con il pane di vita e commentando Gv 6, 50 dice
che la promessa va intesa per ciò che si riferisce alla virtù spirituale del
sacramento, non alla sua forma esteriore e visibile. Chi mangia nell’intimo,
non nell’apparenza esterna, chi mangia il pane con il cuore, non si limita a
romperlo con i denti[12].
Sullo stesso punto di vista, Michele Mazzeo, aggiunge:
“Il contesto eucaristico in cui Giovanni si muove appare sotto un duplice
aspetto: come nuova manna è alimento che dà forza e vita, veicolo dello Spirito;
come nuova legge, non un codice esterno, ma per l’identificazione con Gesù che
porta a una dedizione simile alla sua. In altre parole, da parte di Gesù,
l’eucaristia, memoriale della sua vita e morte, è dono che comunica il suo
amore e la sua vita; da parte del discepolo, è l’accettazione del dono; da
questo nasce un’esperienza di vita-amore che trasforma in norma della condotta.
Gesù, alimento della sua comunità, produce in essa l’amore: il dono ricevuto
porta al dono di sé: è l’amore che risponde al suo amore”[13].
Inoltre,
chi riceve l’Eucaristia entra in unione con Cristo. Anzi,“Ricevere l’Eucaristia nella comunione reca come frutto principale
l’unione intima con Cristo Gesù. Il Signore dice: chi mangia la mia carne e
beve il mio sangue, dimora in me e io in lui (Gv 6, 56). La vita in Cristo ha
il suo fondamento nel banchetto eucaristico: come il Padre, che ha la vita, ha
mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per
me”[14].
CONCLUSIONE
La nostra indagine sul pane della vita
ci ha portato a capire che Gesù Cristo si è rivelato come il vero pane della
vita disceso dal cielo. I suoi ascoltatori si sono scandalizzati del modo di
parlare del Signore. I primi assomigliano il pane in cui parla Gesù con la
manna del deserto. Gesù, per rivelare la sua identità, dice a loro che è lui,
il pane disceso dal cielo, cioè dal Padre e supera quella manna terrena che non
procurava la vita eterna.
Gli ultimi interlocutori sono increduli
e scandalizzati dalle parole di Gesù che dice che chi mangia la sua carne e
beve il suo sangue vivrà per l’eternità. Per loro, si tratta di una
manducazione della carne umana. Gesù, invece, consegna se stesso per la vita di
chi crede in lui.
Perciò, i sui seguaci hanno visto in
questo discorso, il contesto eucaristico in cui Gesù dà la sua carne e il suo
sangue in nutrimento ai suoi discepoli affinché abbiano la vita eterna. Perciò,
chi lo accoglie vivrà in eterno. E ogni volta che lo riceviamo nel banchetto
eucaristico, non avremo più fame né sette perché, per noi, Gesù rimarrà, per
sempre, il pane della vita.
BIBLIOGRAFIA
Libri
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Bibbia, Vol. II,Garriga,
Barcellona,
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2. CHARBEL A., Sangue di Cristo, in Enciclopedia
della Bibbia, Vol. VI,Garriga,
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3. MAZZEO M. , Vangelo e Lettere di Giovanni,
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4. UBACH B., Manna, in Enciclopedia della Bibbia, Vol. IV,Garriga, Barcellona, 1970,
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Altri Documenti
5. La Costituzione sulla sacra liturgia,
Sacrosanctum Concilium, n°47, in Enchiridion Vaticanum, Documenti il
Concilio Vaticano II, testo ufficiale e traduzione italiana, ed. IX,
Edizione Dehoniane Bologna, 1971.
6. Catechismo
della Chiesa Cattolica, n° 1391, Libreria editrice vaticana, città del
Vaticano, 1992.
[1] M. MAZZEO, Vangelo
e Lettere di Giovanni, Introduzione, esegesi e teologia,
Paoline, Milano, 2007, p. 190-191.
[7] Cfr. La Costituzione sulla sacra liturgia, Sacrosanctum Concilium, n°47, in Enchiridion
Vaticanum, Documenti il Concilio Vaticano II, testo ufficiale e traduzione
italiana, ed. IX, Edizione Dehoniane Bologna, 1971.
[8] Cfr.B. UBACH, Manna,
in Enciclopedia della Bibbia, Vol.
IV,Garriga, Barcellona, 1970, colonne 893.
[10] Cfr. J.ALONSO DÌAZ, Carne,
in Enciclopedia della Bibbia, Vol.
II,Garriga, Barcellona, 1969, colonne
151-152.
[11] A. CHARBEL, Sangue di Cristo, in Enciclopedia della Bibbia, Vol. VI,Garriga,
Barcellona, 1971,
colonne 185-186.
[14] Catechismo della Chiesa Cattolica, n° 1391,
Libreria editrice vaticana, città del Vaticano, 1992, p. 362.